martedì 13 ottobre 2015

IL CAMMINO DEVOZIONALE

Un proverbio keniota recita: “Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi andare lontano, cammina insieme con altri”. Non è un caso che siano i kenioti a vincere le maratone; pare che dipenda dall’architettura del corpo della razza nera: caratteristica fisica che la razza bianca, ahimè, non ha (ve lo dice uno che di corsa se ne intende...). Bene: loro si tengano le maratone, noi ci coccoliamo la tradizione secolare dei “cammini”.
Sapevate che il 2016 è l’Anno dei cammini? Preludio a un possibile, ancora più intrigante, Anno europeo dei cammini? L’attenzione ai cammini storici, a tutti i cammini storici italiani, e la consapevolezza del ruolo determinante che essi possono svolgere per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese e per la tutela del nostro patrimonio culturale e ambientale e del nostro benEssere: sono queste le riflessioni promosse dalla rete dei cammini anche in occasione dell’expo, dove la rete è presente, ospite dell’Associazione nocetum onlus di Milano, presso la Cascina Triulza, il settore di expo dedicato alla Società Civile e al Terzo Settore.
Mi càpita sulla scrivania, perciò come il cacio sui maccheroni, un interessante libro edito da Marcianum Press, titolato il cammino devozionale di san rocco in italia. Storia, arte e tradizione. Sono gli atti del convegno tenutosi nella Scuola Grande di san Rocco in Venezia nel 2013 e solo oggi dati alle stampe.
Certo, la domanda è legittima: che cosa ci azzecca san Rocco con i cammini devozionali? Durante l’omelia pronunciata nella Messa conclusiva di quel convegno, il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, diceva che «Il pellegrinaggio ha radicalmente caratterizzato e plasmato la vita di san Rocco... La sua è stata una vita movimentata, pienamente offerta al Signore come fu per gli antichi profeti biblici. L’iconografia raffigura san Rocco come uno di questi antichi profeti, con l’abbigliamento proprio del pellegrino: cappello a falda larga per proteggersi dalla pioggia gelida e dal sole, col mantello a mezza gamba – il tradizionale sanrocchino – e, in mano, il lungo bastone, con legata la zucca per l’acqua e, appesa al collo, la conchiglia per bere lungo il cammino alle polle sorgive».
Non so se san Rocco conoscesse il proverbio keniota; tuttavia, nella sua vita peregrinante egli è andato lontano perché ha camminato con “altri”, infatti, «essere stato un pellegrino – continua Moraglia – ha indubbiamente arricchito la sua umanità e da credente ha potenziato la sua sensibilità trasformandola nella volontà di dedicarsi agli altri secondo l’insegnamento di Gesù». Essere pellegrino come san Rocco, dunque, è un esempio d’impegno nella carità, nella consapevolezza che il cristiano vive il cammino terreno nella dedizione alla cura del prossimo, una vera e propria DeImitazione Christi.
Non è un caso che quel testo religioso diffuso di tutta la Letteratura cristiana occidentale, secondo solo alla Bibbia, esordisca con le parole: “Chi segue me non cammina nelle tenebre” (Gv 8,12). Il cammino, il camminare, dunque: vocazione del cristiano all’alterità, un po’ come Rocco, Santo francese, per di più laico, «privo del carisma connesso con un voto o una ordinazione», come se la dedizione gratuita al prossimo non possa essere anche un carisma del laicato...
Sfoglio un libretto d’itinerari dello spirito: «[...] la figura del pellegrino ha da sempre affascinato storici e scrittori: il vero pellegrino è una persona veramente libera; il vero pellegrino, come anche il santo, ha davanti a sé un orizzonte che va al di là di ciò che può cogliere con il semplice sguardo; il vero pellegrino ha davanti a sé una strada per diventare santo».
Come san Rocco, siamo pellegrini e stranieri sulla terra: ce lo ricordano pure le Sacre Scritture (1 Pt 2,11; Eb 11,13): siamo solo di passaggio, in prestito.
Qualunque cammino facciamo su questa terra è pervaso dalla nostalgia che abbiamo della nostra vera patria, della nostra meta che è l’Eternità.
San Rocco o qualunque cammino itinerante in fondo rappresentano il nostro vero e autentico pellegrinaggio verso la Gerusalemme Celeste, quando – per dirla come Teilhard de Chardin – l’Umanità convergerà nel Punto Omega, il centro della cristificazione dell’Universo.

Oreste Mendolìa Gallino

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