martedì 30 agosto 2016

COMUNICARE DIO

Giorgio Agamben, filosofo italiano, autore de Il sacramento del linguaggio, sostiene che «la parola comunica sul presupposto di una fiducia reciproca tra gli interlocutori, altrimenti diventa vuota e vana formula».
A questo presupposto di reciprocità s’ispira il Collega Vincenzo Varagona, della Redazione Tgr Rai Marche, quando pubblica il libro Comunicare Dio. Dalla Creazione alla Chiesa di Papa Francesco (Ecra Edizioni, € 16,00). In realtà, il pensiero dell’Autore è una riflessione intorno al modo con il quale Dio comunica se stesso mentre, fidandosi dell’Uomo, fa in modo che ogni sua parola diventi un fatto, una persona, Gesù Cristo (Card. E. Menichelli, Prefazione).
Per diventare poi, dopo la Pentecoste, missione della Chiesa nel mondo: «L’annuncio è la missione più importante che Dio stesso testimonia e che affida all’uomo, il quale, conoscendo che la fantasia di Dio è straordinaria, in Lui trova fonte d’ispirazione per parlare di Dio attraverso varie forme di espressione artistica, dall’arte alla musica» (pag. 13-14).
E poiché è carisma della Chiesa «promuovere la giustizia nella ricerca del bene comune», secondo il Prof. G. Rivetti (cfr. Presentazione), è lodevole che Varagona rivolga particolare attenzione «al ruolo dei mezzi di comunicazione poiché la persona umana e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso di tali mezzi».
Nucleo, cuore e centro di Dio creatore e comunicatore è il Verbo, Parola per eccellenza, Gesù, che fa della parabola la comunicazione privilegiata del progetto di Dio per l’umanità. Che in Gesù la parola e l’azione siano complementari è evidente perché in Lui «la signoria di Dio è dimostrata attraverso le opere e illustrata attraverso le parole» (pag. 17).
Non va dimenticato che nella tradizione rabbinica anteriore a Gesù non è possibile trovare una sola vera parabola contro le almeno 41 dei Sinottici; e neppure se ne trovano nel resto del Nuovo Testamento, in San Paolo, per esempio, che pure ama molto la comunicazione figurata. Per Gesù, invece, le parabole costituiscono il veicolo preferito per annunciare che “il regno di Dio è vicino” (cfr. Lambiasi-Tangorra, Gesù Cristo comunicatore. Paoline, 1997).
Il messaggio che Varagona propone alla riflessione del Lettore è che la Chiesa, fattasi interprete privilegiata della comunicazione del Vangelo all’Urbe e all’Orbe «pur attraversando fasi complesse, ha sempre cercato nuove strade per diffondere in modo efficace il messaggio di salvezza».
Un fine, questo, che noi giornalisti cattolici dobbiamo tenere presente tanto per la sua intrinseca necessità quanto per la sua straordinaria efficacia. Il potere dei media sta rivoluzionando la Chiesa; non stare al passo di questa modernità significa ignorare la grande opportunità che la Chiesa ha di mettersi in gioco in un mondo sempre più complesso e articolato.
Non è un caso che Papa Francesco, sbarcato su un nuovo pianeta del web, Istagram, dopo il canale multilingue Vatican su You Tube, e gli oltre 25milioni di follower sulla piattaforma Twitter e le catechesi su Telegram, abbia chiamato per rivoluzionare i media vaticani uno come Monsignor Viganò, che ama Holliwood, Fellini e i social network.
La Chiesa di Bergoglio, proiettata dal centro alla periferia è la cartina di tornasole della spontaneità e dell’immediatezza di questo Papa. E quest’aspetto importante del Papa, venuto dall’altra parte del mondo, non sfugge alla riflessione di Varagona quando intervista il biblista Servita Alberto Maggi, condirettore del Centro Studi Biblici Vannucci di Montefano, il quale dice: «…si è finalmente compreso che non eravamo fuori della Chiesa, come venivamo incolpati, ma solo fedeli al Vangelo, quando già vent’anni fa dicevamo le stesse cose che oggi dice Papa Bergoglio…».
A significare che cosa questa “polemica”? Che, come dice Varagona, in missione per la comunicazione non ci vanno solo Ordini, Congregazioni e Santi predicatori, ma una Chiesa che ­– anche per mezzo di ognuno di noi – «si presta ad attese e speranza, perché è convinzione comune che fosse necessario costruire una maggiore unitarietà e sinergia nell’azione comunicativa della Santa Sede, in particolare con i due appuntamenti di grande rilevanza come il Sinodo della Famiglia e il Giubileo della misericordia».

Oreste Mendolìa Gallino

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