martedì 30 agosto 2016

CONVEGNO IN JESI DI DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

L’acronimo DIU sta per Diritto Internazionale Umanitario. Il DIU ha l’obiettivo di limitare, per ragioni umanitarie, gli effetti dei conflitti armati sui combattenti e sulle popolazioni civili. Esso è perciò vocazione di Croce Rossa e MezzalunaRossa Internazionale, la Rete umanitaria globale, presente in 187 nazioni, di 80milioni di persone, tra membri e Volontari, che si adoperano per aiutare chi è colpito da un conflitto armato o da problemi sanitari e sociali.
A quest’argomento di grande attualità è stato dedicato il Convegno intitolato Diritti Umani e IntegrAzione. Il ruolo della Croce Rossa, promosso dal Comitato jesino di Croce Rossa Italiana, col patrocinio del Comune di Jesi e della Consulta della Pace, che si è svolto il 14 maggio presso il Palazzo della Signoria, a Jesi.
Un appuntamento in sintonia con “Protect Humanity – Stop indifference”, l’iniziativa globale ideata dalla Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa “per creare solidarietà ed empatia nei confronti dei migranti più vulnerabili e per chiedere la loro protezione come una questione di responsabilità collettiva”. Un appello, quello della Federazione, rivolto a tutti, per garantire protezione, sicurezza e dignità ai migranti, senza discriminazioni, in ogni fase del loro viaggio verso la libertà.
All’apertura dei lavori sette Donne, tra Volontarie e Crocerossine, hanno enunciato solennemente ciascuno dei Princìpi Fondamentali del Movimento Internazionale di Croce Rossa, che ne costituiscono lo spirito e l’etica: Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza, Volontarietà, Unità e Universalità, adottati a Vienna nell’ottobre 1965.
A moderare il dibattito, la Direttrice di Voce della Vallesina, Beatrice Testadiferro che, prendendo la parola, ha auspicato che eventi pubblici come questo siano «oggetto di maggiore informazione, allo scopo di abbattere i pregiudizi e assumere quegli stili di vita propri di chi lavora quotidianamente per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti» e che siano «adottati dall’Ordine dei Giornalisti per essere inseriti nel sistema dei Corsi di Formazione cui tutti gli iscritti sono obbligati per Legge».
Ospiti di rilievo gli avvocati Cristina Perozzi e Marzia Como, Consigliere Qualificate e Istruttrici di Diritto Internazionale Umanitario presso Croce Rossa. Presenti, per l’occasione, Autorità militari e civili, tra cui l’Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Jesi, Dottoressa Campanelli, che ha dato il benvenuto ai partecipanti.
La prolusione è stata tenuta dal neo eletto Presidente del Comitato locale, Dottor Bravi che ha esordito dicendo che «è importante che il messaggio partito oggi con quest’iniziativa di carattere pubblico sia accolto e recepito per il suo intrinseco valore. Perché – ha proseguito Bravi – i flussi migratori stanno diventando un problema sociale insopportabile di cui anche la Politica è responsabile. Proviamo commozione per il bambino fotografato privo di vita sulla riva del mare ma non riusciamo neppure a immaginare quante vittime mieta l’ondata di migrazione proveniente dalla Siria. Non è più tollerabile che un richiedente asilo attenda oltre un anno e mezzo per vedere riconosciuto il suo diritto inalienabile alla vita e alla sua dignità di persona umana. Un procedimento burocratico in cui l’Italia stenta a mettersi al passo con i Paesi ove i diritti umanitari dei migranti sono molto più difesi e assistiti».
L’intervento dell’avvocato Perozzi si è attestato sul Diritto Internazionale Umanitario dei conflitti armati e sui diritti umani. È nota, infatti, l’esperienza della Relatrice che ha ricoperto l’incarico di Giudice tutelare in Ascoli Piceno, è specializzata in Tutela Internazionale dei diritti umani, è Tutore volontario presso il Tribunale dei Minori nelle Marche, e ha partecipato a missioni umanitarie in Brasile e in Palestina.
«Alla violazione dei diritti umani – ha esordito Perozzi – non è neppure esente l’Italia, il Paese che più al mondo vanta una secolare tradizione culturale e di civiltà. Importante è riconoscere il problema, affrontarlo e correggere quello che è sbagliato. La Storia, tuttavia – ha proseguito la Relatrice –, testimonia che il riconoscimento dei diritti umani ha radici fino ai tempi di Ciro» (559-529 a.C.), il sovrano che per legittimare la propria conquista di Babilonia cercò di guadagnare il favore dei suoi nuovi sudditi promuovendo una forma di tolleranza religiosa e di libertà. Una parabola, quella del riconoscimento dei diritti fondamentali della Persona, che da quell’alba pre-cristiana arriva fino alla modernità e si attesta nella figura di Henry Dunant, primo Nobel per la Pace (1901), che nel 1859, anno della Battaglia di Solferino, getta le basi per la costituzione del movimento di Croce Rossa.
Perozzi ha ricordato che «durante la Seconda Guerra mondiale l’idea dei diritti umani è stata completamente messa in crisi e rinnegata, perché abbiamo assistito a forme di negazione di quei diritti, come la persecuzione degli Ebrei e di talune minoranze etniche per mano della Germania».
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è nata proprio al termine di quel conflitto mondiale (24 ottobre 1945), e vi aderirono 193 nazioni su 205, per “mantenere la pace e la sicurezza internazionale” ma, in particolare, “per promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui”.
Secondo la Relatrice, la nascita di Organismi come l’ONU, e la sua Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, dimostra «che c’è sempre la possibilità di risolvere a livello di diplomazia un’emergenza umanitaria come è quella contemporanea della migrazione».
Perozzi ha denunciato senza giri di parole che «la nazione, tra le 28 che aderiscono alla Comunità Europea, che più viola i diritti umani non applicando le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (1950), è l’Italia». Sembra impossibile ma è vero: la nazione ove Croce Rossa è nata, nelle intenzioni del suo Fondatore di lenire le sofferenze di quelli che giacevano feriti e agonizzanti nel campo di battaglia tra Solferino e Castiglion delle Stiviere, è proprio quella che incorre ripetutamente in sanzioni per il trattamento disumano che impone agli immigrati!
In particolare si denunciano ripetute limitazioni della libertà, violenza razzista e xenofoba in Rosarno, tortura per illegale respingimento di navi di migranti in Sicilia, discriminazione di minoranze etniche come Rom e Sinti; «in Italia – dice Perozzi – nessuno darebbe un lavoro a uno di loro, mentre è nota la condanna del nostro Governo per avere distratto fondi pervenuti dalla UE destinandoli a fini che non sono stati l’integrazione delle minoranze etniche ma il respingimento e il rimpatrio illegittimi di migranti perché fatti senza l’utilizzo dei più elementari princìpi di tutela della dignità umana».
«La lista delle violazioni nel mondo è lunga – ha detto la Relatrice. In 81 Paesi, le persone che dissentono da chi comanda sono torturate; in 54 Paesi si affrontano processi iniqui, senza garanzie giuridiche; in 77 Paesi al mondo esistono forti limitazioni della libertà di espressione, che giungono fino alla segregazione e alla scomparsa nel nulla dei perseguitati».
Alle violazioni dei più elementari diritti dell’uomo, denunciate dall’appassionata relazione dell’avvocato  Perozzi, ha fatto seguito l’esposizione dell’avvocato Marzia Como, proveniente da Gorizia, di provata esperienza professionale, anche al servizio di Croce Rossa in qualità di formatrice di Diritto Internazionale Umanitario per il personale di Guardia di Finanza, di Carabinieri e di Esercito Italiano destinato a missioni umanitarie nel mondo. Questa Relatrice ha trattato lo spinoso tema del Sistema di protezione internazionale dei richiedenti asilo, in termini di Diritto, dovere e opportunità.
L’avvocato Como ha detto che occorre dare il giusto significato ai termini migrante, profugo e rifugiato, perché così facendo si può «comprendere correttamente quello che accade realmente». Una testimonianza, la sua, che fa eco a quella del Delegato UNHCR Luca Pacini presso il Convegno Jesi, città accogliente? del 30 aprile scorso, secondo cui «si tende a generalizzare, perciò a confonderli, i concetti di “immigrato”, “rifugiato” e “richiedente asilo politico”». E sempre alle parole di Pacini si è riferita, seppure indirettamente, l’avvocato Como quando ha detto che «l’efficacia delle procedure e la capacità di definire lo status dei richiedenti asilo in breve tempo, senza sacrificare alcun diritto, rappresenta un’opportunità di miglioramento dell’esistenza di questi individui». E che «le criticità da tempo evidenziate per l’accoglimento della richiesta di asilo impongono un’attenta riflessione sull’esigenza di modificare la normativa, rendendola più rispondente alle necessità urgenti di questo tipo di migranti».
Sorella Cinzia Sorrentino, Crocerossina del Comitato di Fermo, ha testimoniato la buona qualità dello stile di vita dei cento profughi che adesso sono ospitati presso il seminario della sua Città: esperienza d’integrazione che tra avversità, progetti didattici e d’inserimento lavorativo e l’importante contributo del Volontariato locale, conferma la concreta speranza in una vita migliore per chi entra nel nostro Paese.
A legittimare questa speranza, non andata delusa, ha contribuito il breve intervento di Adolph, senegalese ospitato a Fermo, che ha parlato delle reali possibilità d’integrazione per lui trasformate in un impiego retribuito presso la lavanderia della comunità fermana in cui oggi vive.
La testimonianza di Adolph, come ha terminato la moderatrice Testadiferro, «è stata la sintesi del senso di questo Convegno dove, al centro del tema non ci sono né profughi né migranti né rifugiati ma Persone, parti di un’Umanità della quale non possiamo continuare ad aver paura, e che, al contrario, dobbiamo imparare a conoscere per rispettarla, pure nella sua diversità»…
Oreste Mendolìa Gallino



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