Radio Vaticana, omelia di
Papa Francesco del 10 settembre: «è
importante capire gli altri, non condannarli».
Giorni prima (Domenica 6) ne Il Sole 24 Ore non mi è sfuggito l’articolo “La misericordia
attuata da Francesco. Il Papa benedice una ragazza madre”: «[Francesco] Non ha
certo timore di rompere vecchi tabù, che in qualche modo hanno segnato la vita
quotidiana della Chiesa. Ieri in un collegamento tv con gli Usa ha detto a una
ragazza madre texana: “Dio ti benedica per quello che hai fatto. Sono
orgoglioso di te, cammina a testa alta”…».
Il filo logico tra i due
interventi mi sembra evidente.
Sulla traccia di questa evidenza trovo pertinente il sottotitolo
“Francesco, testimone di speranza” di un interessante libro di Alessandra
Ferraro, «Non guardate la vita dal
balcone…», Elledici, Torino.
L’invito di Francesco è
chiaro: «Siate protagonisti»; all’Autrice non sfugge l’«appello, forte e
incisivo, che coinvolge ogni persona a non restare immobile, subendo i mondo
passivo i problemi della vita e del mondo».
In questo Pontefice, venuto
dai “confini del mondo”, io percepisco spesso l’invito a ispirarci all’alba del
Cristianesimo, alla Chiesa delle origini, all’eco entusiasta, pure tra le
avversità della primitiva predicazione, che si avverte nel clima quotidiano leggendo
il Libro degli Atti degli Apostoli.
E come egli “bacchetti” una
certa diffusa ipocrisia quando, dimenticando il nostro Battesimo, ci
comportiamo in modo farisaico... Un Cristianesimo talvolta stanco e inamidato
quello cui Bergoglio dà una scossa nel tentativo di rianimarlo dalle secche di un
certo sopore: sforzo cui si oppongono in molti dentro le stesse mura vaticane…
Per Francesco,
evidentemente, “essere protagonisti” non significa solo fare scelte coraggiose
ma farle, quelle scelte – pure di controcorrente –, alla faccia dei
compromessi, perché la fede nel Risorto non accetta vie di mezzo e accomodamenti.
La Misericordia e la Tenerezza di Dio esigono l’assunzione della responsabilità
d’essere Cristiani, cioè fedeltà al Vangelo di Gesù, al kerigma.
Per alcuni versi, le
riflessioni dell’Autrice disegnano un ritratto di Bergoglio che si fa portavoce
e protagonista di un pontificato inedito nella forma: «Dobbiamo essere
coraggiosi» è il suo proclama (pag. 6)
e prima o poi ricevi una sua telefonata perché hai bisogno della sua
consolazione, perché egli risponde al tuo appello come “uno” chiunque (pag. 73, 75). Per esempio, quanti, tra
noi, sanno che Francesco ha trascorso il suo compleanno con tre senzatetto, con
gli «ultimi della terra, respinti dalla società come scarto e invisibili agli
occhi di un mondo frenetico, assetato di guadagno personale e di successo
sociale»? (pag. 7).
Francesco è «un Papa che non
ha paura di dire ai potenti che “l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la
vita” e invita a “non avere paura della bontà e della tenerezza”» (pag. 3). In una società di “efficiente
pragmatismo” come questa, bisogna avere il coraggio di andare controcorrente
nell’educazione dei giovani; essi «devono essere educati, stimolati a puntare
verso i veri valori, a non lasciarsi trascinare nel vittimismo e nel pessimismo
guardando la vita dal balcone. Papa Francesco rivolge questo imperativo non
solo ai giovani ma a tutti: “Giocate in attacco! Calciate in avanti, costruite
un mondo migliore, di fratellanza, di giustizia, di amore, di pace, di
fraternità e di solidarietà”. Un appello – dice Ferraro – che invita tutti a
non restare fermi, subendo in modo passivo i problemi della vita e del mondo» (pag. 4).
Similitudine azzeccata è
quella che l’Autrice propone tra Bergoglio e Don Bosco (ricordo che Elledici, l’Editrice
che pubblica il libro, è salesiana, e Dario Viganò, sacerdote salesiano, è
stato nominato Direttore del Centro Televisivo Vaticano proprio da Francesco...).
Nonostante sia Gesuita e «seppure in un’epoca del tutto diversa, con necessità
e bisogni differenti, Papa Francesco interpreta e incarna lo spirito salesiano
anche nel suo stile di comunicazione, fatto di gesti e parole che dicono
allegria, vicinanza, affetto a chiunque incontri» (pag. 92).
«Pensavo – dice Bruno Vespa
(cfr. Testimonianze, pag. 95) – che
Giovanni Paolo II fosse imbattibile in fatto di comunicazione. Bene, Francesco è
andato oltre».
A tale riguardo, secondo l’Autrice
la sfida della buona comunicazione «è rivoluzione della verità, della bontà e
della bellezza che ognuno di noi è chiamato a fare», perché – citando Bergoglio
– «ciascuno nel proprio ruolo e con la propria responsabilità deve vigilare per
tenere alto il livello etico della comunicazione e, in particolare, evitare
quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la
calunnia» (pag. 94).
Una cosa, dunque, è non stare a guardare la vita dal balcone,
ben altra è farlo giocando in attacco
rispettando le regole che la Misericordia e la Tenerezza di Dio impongono,
perché se «Dio ci ama, non dobbiamo aver paura di amarlo. La fede si professa
con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore» (Francesco, udienza generale, 3 aprile 2013). L’invito è chiaro: «Svegliate
il mondo, siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere» (Francesco, video-messaggio, 29 novembre 2014).
Propongo una citazione per stimolare
il Lettore a leggere quest’agile libro: «Se io non fossi Cattolico e volessi trovare,
nel mondo, la vera Chiesa, andrei in cerca dell’unica Chiesa che non va d’accordo
con il mondo. Andrei in cerca della Chiesa che è odiata dal mondo […]. Cerca
quella Chiesa che i mondani vogliono distruggere in nome di Dio come
crocifissero il Cristo. Cerca quella Chiesa che il mondo rifiuta, come gli
uomini rifiutarono di accogliere il Figlio di Dio» (Venerabile arcivescovo Fulton Sheen).
Oreste
Mendolìa Gallino